La bonifica del sito inquinato può essere ordinata anche a carico di una società non responsabile dell’inquinamento, ma che sia ad essa subentrata per effetto di fusione per incorporazione, e per condotte antecedenti a quando la bonifica è stata introdotta nell’ordinamento giuridico, i cui effetti dannosi permangano al momento dell’adozione del provvedimento.
Lo ha affermato l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 10 del 22 ottobre 2019, articolando il complesso ragionamento lungo tre direttrici.
In primo luogo, i Giudici hanno rilevato che, anche prima che nell’ordinamento giuridico venisse introdotto l’istituto della bonifica ( ad opera dell’art. 17 del D.Lgs. n. 22/1997), l’inquinamento ambientale era considerato un fatto illecito, fonte di responsabilità civile per il suo autore ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.. Ed infatti, l’elaborazione dell’ambiente come bene giuridico autonomo ed unitario, avente dimensione collettiva e super-individuale, oggetto di protezione giuridica contro le aggressioni umane, risale all’opera della dottrina formatasi a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, positivizzata poi nell’art. 18 della L. n. 349/1986 di istituzione del Ministero dell’Ambiente e infine consolidata nella giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n. 184/1986, n. 641/1987). Questa evoluzione ha delineato la possibilità di configurare un danno patrimoniale risarcibile per l’illecito ambientale corrispondente ai costi dell’azione pubblica di conservazione e tutela del bene ambiente, in un’ottica spiccatamente riparatoria assimilabile alla reintegrazione in forma specifica di cui all’art. 2058 cod. civ..
In secondo luogo, attesa l’evidente discontinuità normativa tra l’illecito ambientale e la bonifica introdotta nel 1997, la comune funzione ripristinatoria-reintegratoria dei due istituti rispetto ad ogni evento di danno permanente, nella quale è assente ogni matrice di sanzione rispetto al relativo autore (espressione del principio comunitario “chi inquina paga”), consente di applicare gli istituti di protezione dell’ambiente previsti dalla legge al momento in cui si accerta una situazione di pregiudizio in atto, e così è possibile ordinare la bonifica per fenomeni di inquinamento risalenti ad epoca antecedente alla sua introduzione nell’ordinamento giuridico.
In terzo luogo, per determinare se l’obbligo di bonifica possa essere posto a carico di un soggetto non qualificabile come responsabile dell’inquinamento, per non essere stato mai proprietario o gestore dell’impianto industriale dal quale è scaturito l’inquinamento, ma giunto ad esso mediante cessione di ramo d’azienda prima della fusione per incorporazione, l’Adunanza Plenaria ha analizzato il regime antecedente alla riforma del diritto societario del 2003 e quello successivo ad essa. I Giudici concludono, anche sulla scorta di precedenti comunitari, che l’operazione straordinaria di fusione per incorporazione, sia prima che dopo la riforma richiamata, determina la successione dell’incorporante negli obblighi della incorporata. Pertanto, in virtù di questa continuità societaria, anche l’obbligo di risarcire il danno ambientale o di reintegrazione in forma specifica si trasmette alla nuova compagine sociale.
Novembre 8, 2019
Bonifica di siti inquinati – Commento alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10/2019
by Studio Valaguzza in Approfondimenti