End of Waste: dalla pronuncia della Corte di Giustizia UE (28 marzo 2019, causa C-60/18) e dalle prime esperienze italiane i tentativi di dare attuazione ai principi di economia circolare.
Nell’attesa che venga affrontata compitamente dalla normativa nazionale la questione delle procedure autorizzative per il passaggio da rifiuto a nuovo prodotto, con conseguente re-immissione nel mercato del bene che viene recuperato – c.d. end of waste – la Corte di Giustizia UE ha fornito interessanti indicazioni e alcuni enti pubblici territoriali, tra cui la Città Metropolitana di Milano, si sono resi precursori di buone prassi.
Nella sentenza del 28 marzo 2019 (causa C-60/18 – As Tallina Vesi AS), la Corte ha ribadito che la normativa sui rifiuti è volta a salvaguardare gli interessi pubblici della salute umana e dell’ambiente. In assenza di criteri standard stabiliti a livello legislativo comunitario o nazionale, gli interessi pubblici richiamati sono tutelati qualora sia raggiunta una conoscenza tecnico-scientifica dei prodotti tale da permettere alle Autorità pubbliche nazionali di escludere qualsiasi pericolo per la salute umana e per l’ambiente.
Se ne deduce, a rigor di logica, che – questo profilo non sempre è colto dai commentatori – , quando questa ratio è rispettata, non vi sono ostacoli, derivanti dal diritto comunitario, al rilascio di autorizzazioni da parte delle autorità nazionali, per passare da un rifiuto ad un nuovo prodotto.
In parallelo, sulla scia di analoghe considerazioni, e sull’impulso degli operatori economici, alcune amministrazioni hanno sbloccato le pratiche di autorizzazione di impianti per la produzione di biometano derivante dal trattamento dei rifiuti solidi urbani, pratiche in precedenza bloccate per via di un’interpretazione restrittiva delle norme vigenti.
In particolare, Città Metropolitana di Milano e Regione Lombardia prima (decreto n. 6785 del 15 maggio 2019), Regione Veneto poi (DGR n. 1233 del 20 agosto 2019), hanno ritenuto che il biometano sia sostanza già compiutamente descritta e analizzata a livello scientifico e che esista un quadro tecnico-normativo esaustivo ben delineato che ne regola la produzione e le sue caratteristiche a livello nazionale. Non vi è alcun pericolo, dunque, per la salute e per l’ambiente legato alla produzione di biometano da rifiuti e, di conseguenza, tale operazione non rientra nel divieto di autorizzazioni caso per caso da parte delle Autorità pubbliche competenti.
Su questo argomento, lo Studio ha affiancato la società pubblica lombarda di gestione del servizio idrico integrato nel procedimento in cui per la prima volta si è sostenuto che il biometano non è da considerarsi un’ipotesi di end of waste. Questa soluzione, peraltro, è indispensabile per garantire il raggiungimento degli obiettivi comunitari, statali e regionali in materia di economia circolare.